Il “sapere dei poveri” per combattere la miseria
“Il nostro è un sapere diverso dal vostro”: Carine Vanden Elsout (Associazione Atd Quarto Mondo) in Commissione Europea nella conferenza inaugurale dell’Anno europeo contro la povertà nel novembre 2009. ( FonteRedattore sociale e Per la pace)
BRUXELLES – “La miseria è il non avere accesso ai diritti umani fondamentali, la miseria sono gli altri che decidono per noi quello che è giusto e quello che non lo è, quanti figli dobbiamo avere, se dobbiamo vivere o no col nostro partner. I nostri figli, già dalla materna, non sono trattati come gli altri: sono disprezzati, così come disprezzati sono i loro genitori e le loro famiglie, siamo incarcerati nella vergogna e questo ci segna per la vita”. Carine Vanden Elsout, dal 1988 impegnata con l’associazione Atd Quarto Mondo ha parlato ieri in Commissione Europea in occasione della conferenza inaugurale dell’Anno europeo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, a Bruxelles. L’associazione è stata fondata 52 anni fa da un prete, Joseph Wresinski, che insieme a delle famiglie delle bidonvilles parigine ha avviato un processo di conoscenza partecipata e ricerca per capire come combattere ed eliminare la povertà. “Faccio parte del movimento di quelli che vivono o hanno vissuto la povertà e quando parlo di noi ho in testa quelle persone”, dice Carine.
“Siamo persone a pieno titolo e anche se molti non lo vedono, la nostra vita è una lotta per conservare la nostra dignità e perché i nostri figli possano esser fieri delle loro famiglie e possano avere vite migliori delle nostre. Ma la nostra lotta non si limita ai nostri figli, è una lotta perché tutti, domani, possano avere una vita degna. È una lotta quotidiana, la nostra, e spesso i risultati non si vedono. Ma noi non possiamo lottare da soli, abbiamo bisogno di voi. Non potremo avere successo finché non capirete che lottare contro la povertà è lottare perché tutti abbiano una vita da esseri umani interi, è lottare per la dignità di tutti”.
“Per combattere questa lotta, noi vogliamo contribuire col nostro sapere. A causa delle esperienze che viviamo, il nostro è un sapere diverso dal vostro. – spiega – Noi sappiamo delle cose che voi non potete sapere, nemmeno i ricercatori più colti le possono sapere. (…) E il nostro tempo è diverso dal vostro, è un tempo fatto di urgenza e di caos, è fare vedere il frigorifero vuoto quando vengono i servizi sociali che ci portano il cibo e farlo vedere pieno agli assistenti sociali che vorrebbero portarci via i figli”. Il “sapere dei poveri” riguarda la scuola, l’ambiente, la giustizia, la sanità, la cultura. La sfida più grande “è incrociare il nostro sapere e le nostre pratiche, il sapere e le pratiche dei poveri, con il sapere di chi ha studiato. Solo così potremo porre fine a miseria e povertà”.